Diamo tutto per scontato. Tutto sembra non avere più il giusto valore. Mangiamo mentre gli occhi stanno fissi alla tv che proietta immagini di guerra, di sangue di violenze. Scorrono volti di bambini sporchi di lordure che non gli appartengono. I loro occhi ci guardano imploranti me
ntre le loro mani sono stretti in pugni pieni di paura. Tutto ci passa davanti, assuefatti, rassegnati forse anche un po’ indifferenti, non commentiamo neanche più quelle immagini. Sono diventanti normalità e tante volte cambiamo canale nella ricerca di qualcosa che ci distolga dalla domanda PERCHÈ? Se riusciamo ancora a chiedercelo PERCHE’ E gli stessi bambini li incrociamo lungo la nostra strada, fermi ai semafori, pronti ad imbrattarci i vetri di schiuma candida come sono loro, per poi allungare la mano in un gesto da copione, o davanti le chiese appisolati sulle falde di donne-bambine. Ancora loro, i bambini, ritratti su enormi cartelloni con gli stessi occhi grandi in visi piccoli, labbra dischiuse e pance gonfie su esili gambe. La cassetta della nostra posta è piena di volantini o buste che riportano stampe di visini con gli stessi occhi, le stesse mani di quei bambini che continuano a
scorrere sui social e prima di accartocciarla quella carta ti chiedi ancora PERCHÉ……e magari li tieni ancora per un po’quelle stampe, sulla credenza in bellavista e ogni tanto incroci con i tuoi occhi quegli occhi che ti seguono come ombre nella tua coscienza ovattata. E sai che ci sono immagini di bambini nudi in un catalogo virtuale, prezzati come scarpe, vestiti, merce di nessun valore che scorre davanti gli occhi di un miserabile, in un continuo clic. E ancora bambini nati sani e resi invalidi per sempre da bisturi impugnati da mani ignobili di uomini senz’anima Bambini bianchi, gialli, neri. Bambini maschi, femmine. Bambini di 2 anni, di 10 anni, di 15 anni. Bambini. Solo bambini. Bambini ammassati dentro vagoni o calati nell’oscurità della terra o dentro edifici illuminati da luci artificiali, senza madri, padri, sorelle, senza pianti e senza lacrime. Bocche che si chiudono per stanchezza e occhi mai asciugati da mani amorevoli. Bambini di ieri come bambini di oggi, a condividere la stessa sorte. Sfruttati, violentati nella carne e nell’anima, inermi come animali sacrificali. Bambini.
E poi ti torna in mente il brano di Antonio Dubois, CARNALA, omaggio ai bambini che lavoravano nelle miniere di Cianciana ma non solo, perché il brano è dedicato a tutti i bambini, di ieri e di oggi, a cui è stata negata l’infanzia. Canticchi le parole…..ti incontro in sogno mentre volo……..e lo vedi quel bambino in un volo senza fine. Vola superando lo spazio e il tempo, nel tentativo di incontrare i bambini sfortunati per consolarli o forse per guidarli dal buio alla luce. Sgravato ormai da ogni peso di dolore vola in alto e sfiora le nostre menti piene di futili cose. Dubois, nel suo brano, non testimonia il sacrificio del piccolo caruso della comunità di Cianciana ma di tutto il mondo e nel contempo grida tra le note della sua canzone che un bambino è un dono, è il futuro che va salvaguardato Lo zolfo, inteso come malvagità degli adulti, va raschiato dalla pelle di ogni bambino e dal cuore degli adulti, anzi non deve più imbrattare nessuna anima innocente e nessun cuore di carne. Grazie Antonio per la tua sensibilità verso gli indifesi di tutti i tempi. Grazie Antonio che ci hai fatto capire che siamo ancora capaci di commuoverci, di nutrire ancora sentimenti di colpa verso questi occhi che ci guardano imploranti.
— Angela Chiazza