L’Intervista, rilasciata da Eugenio Giannone a Bruxelles in occasione dell’evento “The Sicilian Language” del 6-8-XII-2023

Il testo dell’Intervista (con quale lieve aggiunta) rilasciata da Eugenio Giannone a Bruxelles in occasione dell’evento “The Sicilian Language” del 6-8-XII-2023.

Domanda: Il Siciliano: perché?

Risposta:  

Sì, ci si chiede spesso che senso ha oggi, in un mondo diventato grazie ad internet un immenso villaggio globale che impone sempre più uno strumento linguistico universale, parlare e scrivere in dialetto, in Siciliano, e, addirittura, fare di tutto per tramandarlo?

      La risposta, semplice e spontanea, è che noi siamo Siciliani e l’uso del Siciliano significa non recidere il cordone ombelicale che ci lega alla nostra terra, alle sue tradizioni, alla storia dei nostri padri.

   Ma chi ha detto che il Siciliano è un dialetto?

   Se un dialetto assurge a dignità di lingua se riesce ad esprimere delle autentiche opere d’arte, il Siciliano non ha più nulla da dimostrare: la sua tradizione culturale affonda le sue radici nella notte dei tempi. Una tradizione iniziata non già con Federico II e la sua Scuola Poetica, che diede vita alle forme poetiche più popolari come il sonetto e l’ottava, o con le qasibe e i diwan dei poeti arabo-siciliani come Ibn-Hamdis e Alì al Ballanubi, ma con i Sicelioti (greco-siciliani) che inventarono la tragedia e la poesia bucolica.

   Già Dante riconobbe ai Siciliani il merito d’essere stati primi.

   Il Siciliano, lingua di chiara derivazione latina, con substrato siculo, sicano e greco, ha saputo somatizzare l’influenza delle loquele dei vari popoli che si sono avvicendati nel dominio dell’Isola, senza perdere la sua caratteristica originale.

   L’UNESCO ha inserito il Siciliano nell’Atlante delle lingue in pericolo; personalmente ritengo che esso non sia in via d’estinzione, ma relegato in contesti marginali e rischia di diventare solo una lingua letteraria.

Il Siciliano va difeso e salvaguardato per diversi, tanti motivi:

  1. perché siamo siciliani e dobbiamo recuperare e conservare il nostro patrimonio popolare e culturale;
  2. perché l’uso del dialetto si configura come scelta di libertà, di accettazione della diversità e di valorizzazione dell’individualità;
  3. perché alcune espressioni dialettali perdono di poeticità e incisività se tradotti in lingua. Es.: come si rende in Italiano “Cu l’occhi a pampinedda”? Volete mettere la poeticità di questi distici?
    1. “Lu sonnu di la notti m’arrubasti / ti lu purtasti a dormiri cu tia”
    2. “Si moru e mi nni vaju ‘n paradisu / si nun cci trovu a tia mancu cci trasu”.
  4. Proviamo a spiegare a un milanese o a un torinese il significato di questi due versi: “Lu primu amuri fici cu Ninedda / Nun cci la detti ma’ ‘na vasatedda”. Fece l’amore ma non le diede mai un bacio! Possibile? Certe sfumature sono tipiche delle parlate locali.
  5. Perché ha dato vita ad una splendida storia letteraria; basta ricordare Cielo d’Alcamo, Jacopo da Lentini, Antonio Veneziano, Pietro Fullone, Giovanni Meli, Alessio Di Giovanni, Nino Martoglio, Luigi Capuana, Luigi Pirandello, Andrea Camilleri che tanto hanno scritto in Siciliano.
  6. Fra 100 anni, quando l’Italiano sarà diventato una lingua marginale dell’UE, cioè un dialetto, opere come la Divina Commedia, il CanzoniereL’Orlando furiosoI Promessi sposi, Il Gattopardo saranno espressione di una lingua di serie B e cesseranno di essere dei capolavori?
  7. Perché la lingua del cuore non cederà mai il passo alla lingua del pane;
  8. Perché, come sostiene Henri Gobard nel saggio intitolato “L’alienation languistique”, nel quale esamina i diversi tipi di linguaggio, quello locale, parlato spontaneamente, cioè il linguaggio vernacolare, dialettale, non è solo la lingua materna ma anche nobiltà de popoli, diritto imprescindibile delle etnie, il marchio indelebile dell’appartenenza.
  1. Perché è l’anima del mio popolo ed è così vario e ricco, maturo, da poter esprimere tutte le sensazioni dell’animo umano.

   Sono orgoglioso di appartenere a questo splendido e martoriato popolo siciliano, di parlare la sua lingua e di aver trasmesso ai miei figli i valori della nostra gente nella lingua che è sua, che è nostra, anche se i confini della nostra Isola si sono dilatati e siamo diventati europei di Sicilia.

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