Quattromila anime in una landa periferia della provincia di Agrigento; poche case abbarbicate l’una sull’altra alle pendici di una collina, con le sue pietre sbiadite dal tempo, erose, quasi visi scavati dall’acqua, e smussate dal vento, imbronciate d’abbandono  e su cui domina, maestoso e isolato, il Calvario a ricordare supplizi di ieri e di oggi, i crucci di una comunità ormai dispersa ai quattro punti cardinali della terra.
   Cianciana: con i suoi paesaggi affascinanti e le sue strade silenti, ove non risuona più il cicaleccio delle comari; così giovane eppure già vecchia per le sue case vuote, per i suoi quartieri deserti.
   E le miniere chiuse.
   Un paese che non ha eretto grandi chiese e sontuosi palazzi, perché la sua gente, che consumava l’esistenza  nelle viscere della terra o zappandola, non aveva tempo e cuore per … vestigia a futura memoria. Eppure … Grandi monumenti allo spirito umano con una tradizione poetico-culturale che non ha forse eguali se rapportata al numero degli abitanti della sua storia e che dura ormai da tre secoli. Cominciò nel ‘700 il buon pievano don Vincenzo F. Sedita (1714-1799), che scrisse in vernacolo il poemetto epico Le avventure di lu su Ninu Di Blasi, alias Testalonga e numerose canzoni che i giovani resero popolari cantandole durante le attuarne (serenate notturne). Il Testalonga narra le imprese del famoso brigante di Pietraperzia che lasciò la testa sul patibolo di Mussomeli nel 1767. Si considerò suo discepolo spirituale l’altro prete-poeta don Salvatore Mamo (1839-1920), che tanto scrisse in dialetto, attribuendo alla poesia una funzione didascalica. Di Mamo colpiscono soprattutto la modernità del linguaggio e il carattere marcatamente, volutamente popolare delle sue poesie, la freschezza dell’ispirazione che ancora oggi lo rendono popolarissimo tanto da essere citato semplicemente come patri don Turiddu. 

Di notevole spessore, tra le altre, le raccolte Li cunticeddi di me nanna (1881) e Li cunticeddi di lu vecchiu (1911), che ritraggono, tra il serio e il faceto, momenti, fatti ed episodi di vita paesana di cui si sono nutrite generazioni di Ciancianesi.
Gaetano Di Giovanni (1839-1912) fu demopsicologo e storico; Francesco Arcuri (1776-1833), alto magistrato, esperto nelle lettere e nelle matematiche, introdusse in Sicilia l’uso della cera vegetale e la coltivazione dell’indaco; padre Benedetto Conti, vissuto tra ‘700 e ‘800, fu georgofilo e bonificò alcune zone improduttive della nostra Isola; fu poeta di raffinata cultura classica Gaetano Cordova, amico e coevo di Alessio Di Giovanni. A. Di Giovanni, mesto cantore del latifondo e della zolfara, è oggi unanimemente considerato uno dei più grandi, se non il più grande poeta dialettale siciliano. Su tutti valga il giudizio di Luigi Russo, che lo considerò il più grande cantore degli umili d’Italia dopo il Manzoni.
   Che dire, poi, di Giuseppe Antinori, medico, giornalista, garibaldino e sociologo antelitteram; o dei numerosi docenti universitari, come Fortunato Montuoro, Arcangelo De Michele, una dei primi ad insegnare Diritto canonico, che nell’’800 diedero lustro all’Ateneo palermitano?
   Nel secolo appena trascorso d. José Giannone fondò la facoltà di Scienze economiche dell’Università di Rosario e poetarono, oltre a Pasquale Alba, Emanuele Coniglio, Salvatore Re, morto in Canada, e Giuseppe Pulizzi con il suo grande affresco poetico, degno d’un abile pittore, La primavera di me nannu. Tra i viventi basti citare, nel campo poetico, don Filippo Ferraro, che s’incammina argutamente sulla scia del Sedita e del Mamo; Vincent D’Angelo, emigrato a Rive de Gier; Gaspare D’Angelo, Agostino D’Ascoli e un nugolo di giovani che tengono accesa la fiaccola dell’ispirazione poetica.
   Attualmente il ciancianese più famoso è Rino Cammilleri, le cui opere riempiono le librerie.
   Da dove, a che pro quest’amore grandioso verso la nobile arte dello scrivere? Come mai tanti verseggiatori in un centro così piccolo? Cosa li lega? Cos’ha di particolare il Ciancianese, così ciarliero e solare come pochi, così disincantato e dissacratore?
   Ecco: forse la solarità, forse il sapere apprezzare la vita nelle sue mille pieghe e sfaccettature, nei suoi momenti belli e tristi, nelle sue gioie semplici è la radice del suo canto, che è versi e musica assieme; nel sentimento pensoso dell’esistenza, conquistata giorno dopo giorno, sfidando costantemente la sorte nelle gallerie di una zolfara per cui ogni attimo era, è, una conquista da assaporare e da trasmettere agli altri per condividerla, en plein air, perché il Ciancianese è nato per vivere in piazza, nel grande salotto che è il corso (‘a chiazza, l’agorà).
   Nel solco di questa nobile tradizione, in questo clima culturale s’inserisce prepotentemente con la sua raccolta poetica, Giacinto SCHEMBRI, che, con Tampasiannu … tampasiannu … ora e con Zirrìu di papanzìcu del 1988, compie un’azione meritoria di salvaguardia di uno dei dialetti tra i più musicali, schieti e belli della Sicilia, recuperandone suoni e lemmi, espressioni e ritmi, peculiarità grammaticali (es.: il plurale in -a).
   E sembra proprio di sentirle le antiche comari, che, sedute al sole, sul davanzale delle loro porte, mentre fanno puntina, odoranti di carbonella e impastate di fieno e zolfo, vociano allegre rimembrando il tempo che fu. E la nota amara, quando il discorso si fa serio, pesante, e si abbandonano alla tristezza desolante della solitudine, al ricordo di coloro che sono andati via “assicurati di la fami / ma tennu, ‘mpinta all’arma, / la spranza / di turnari unni nasceru”, della giovinezza trascorsa , perché “lu dumani … pari sempri assenti”  e alla constatazione della condizione dell’anziano cui “sulu lu chantu … fa cumpagnia”.
   Poesia, dunque, come canto, canzone, che attraverso il recupero d’una passata temperie vuol invitare alla meditazione e alla gioia semplice della vita.
   Ma questo è già un altro discorso che spetta ad altri fare.
                                                                                  (Eugenio Giannone)

Personalità illustri e legate a Cianciana [modifica]
* Sant’Antonio di Padova (1195-1231) francescano portoghese, leggende narrano di un suo passaggio nel territorio dove poi sarebbe sorta Cianciana.
    * Alessio Di Giovanni (1872-1946) poeta, prosatore e drammaturgo.
    * Gaetano Di Giovanni (1831-1912) uomo politico, storico e folklorista.
    * Vincenzo Felice Sedita (1716-1792) prete e poeta dialettale.
    * Giuseppe Antinori (1840-?) garibaldino, senatore del Regno, direttore giornalistico e sociologo.
    * Francesco Arcuri (1776-1833) giureconsulto, ebbe profonde conoscenza sulle scienze naturali.
    * Salvatore Mamo (1839-1920) prete e poeta dialettale.
    * Pasquale Alba (1871-1945) poeta popolare estemporaneo.
    * Serafina Montalbano (1875-1955) prima ciancianese laureata.
    * Gaetano Cordova docente e poeta.
    * Arcangelo De Michele abate, professore di diritto canonico all’Università di Palermo.
    * Fortunato Montuoro professore all’Università di Palermo.
    * Vincenzo Martorana artista e maestro di meccanica pratica.
    * Alfonso Mario Cinquemani professore di diritto canonico all’Università di Palermo.
    * Giuseppe Bondì filosofo e teologo.
    * Arciprete Caroselli poeta patriota.
    * Padre Benedetto Conti botanico.
    * Domenico Cuffaro poeta, scrittore e politico.
    * Don Gerlando Re (1916-1948) martire della Chiesa.
    * Modesto Abella (1910-1997) pittore naif.
    * Stefano Panepinto (1908-1978) organista.
    * Giuseppe Pulizzi poeta dialettale.
    * Pietro Giambrone insegnante e poeta.