Cianciana 24 settembre 2015
Si è svolto a Cianciana (AG) il raduno artistico/letterario “Centomila poeti per il cambiamento” organizzato da Pietro Sanzeri, presidente dell’Associazione “Ciancianapoetica” ed Eugenio Giannone con la presentazione di Giuseppe Sanzeri.
“Centomila Poeti per il cambiamento” è un movimento sorto in California nel 2011 da un’idea dei poeti americani Michael Rothenberg e Terri Carrion che si è diramato e sviluppato in tutte le parti del mondo.
Si svolge ogni anno contemporaneamente appassionando poeti, pittori, musicisti, cantanti, attori ed altri artisti con lo scopo di fare emergere quelli che sono gli aspetti angoscianti dell’umanità e che ledono tutti i diritti umani.
Di seguito la poesia presentata da Pietro Sanzeri e due suoi racconti.
Ero bambino,
lacrime amare solcavano il mio viso,
con la tristezza nel mio cuore,
e i corpi sepolti dal sole,
è uno strazio vederli morire.
Guardavo, piangevo, singhiozzavo.
I signori della morte non hanno capito
che il popolo non va seppellito.
Pietro Sanzeri
Erano passati quindici, maledetti anni da quel tragico incidente in cui persero la vita Augusto e Adele.
Clara, quel giorno, era entrata nell’ottavo mese di gravidanza: si trovava seduta al primo banco di una chiesa a lei ben nota che, adesso, non riconosceva più. Poco più in là, due bare: dentro c’erano i suoi genitori. La tristezza era tangibile: c’era chi sospirava, chi piangeva e chi fissava, incredulo, le casse. Mentre il prete continuava la funzione funebre, un urlo squarciò il silenzio di quel luogo di culto.
«Giacomo, mi sì sono rotte le acque. Chiama il 118! Sbrigati!»
Il prete interruppe la funzione, mentre Giacomo si avviava fuori dalla Chiesa con il telefono incollato all’orecchio: «Pronto, mandate un’ambulanza alla Chiesa di S. Tolomeo. Mia moglie sta per partorire» disse con la voce spezzata dall’affanno.
Dopo tre giorni di sofferenza, Clara teneva Kevin in braccio. Nei mesi successivi al parto, ogni sera raccontava al bambino di sé e Giacomo, della sua adolescenza trascorsa in Puglia e di Augusto e Adele, i nonni che non era mai riuscito a conoscere. I suoi eroi! Il piccolo ascoltava stupito i racconti di sua madre, tentando di mostrare tutta la sua felicità, pur non riuscendovi. A due anni, infatti, doveva ancora dire la prima parolina.
Il primo giorno di primavera del 1990, Clara e Giacomo si recarono dal pediatra, insieme al bambino. Dopo una serie di analisi, il medico stabilì la propria diagnosi: il bambino era nato muto. La tristezza non voleva lasciare quella casa: prima la morte dei suoi genitori e ora il bambino che tanto aspettavano era nato muto. Clara ogni notte piangeva. Era inconsolabile!
I cinque anni, per Kevin, erano passati da un pezzo. Per molto tempo, come favola della buonanotte, aveva richiesto la storia dei suoi nonni, morti due giorni prima della sua nascita: amava quella favola e amava sua madre, che lo accontentava sempre. Tra sei giorni avrebbe festeggiato il suo quindicesimo compleanno: con il calar
dell’oscurità, quando le luci si spegnevano e il riflesso della luna traspariva dalle tende rosse con le farfalle che volavano come il soffio del vento, leggeva una poesia e poi si addormentava lasciando spazio all’immaginazione. Quella sera aveva scelto la sua preferita:
La notte è silenziosa
e nel suo silenzio
si nascondono i sogni.
(Kahlill Gribran)
Albert era un ragazzino molto timido. Era continuamente deriso dai suoi compagnetti e si pisciava addosso ogni qual volta che andava nel pallone o lo prendevano per un pallone. C’erano dei ragazzi cattivi che cercavano di buttarlo nel cesso, ma era troppo grosso per entrarci. In suo soccorso arrivava un gigante buono a proteggerlo . Proteggeva tutti i bambini più deboli. Gli bastava fischiare e lui si materializzava nel posto che volevano, anche dentro la tazza del cesso, se non c’era già la sua di testa. Suo padre gli ripeteva sempre che doveva difendersi ma aveva troppa paura. Quel pomeriggio mentre ritornava a casa, triste come sempre, suo nonno per farlo nuovamente sorridere gli raccontava i suoi trascorsi in Sicilia, per l’esattezza ad Agrigento. Albert voleva andare lì. Voleva cambiare vita. Voleva riabbracciare il suo divertente nonno. Frequentava da qualche mese la scuola elementare. Amava studiare e ripeteva sempre che voleva diventare un archeologo. E suo nonno ripetutamente gli rispondeva “ Ma cu tu fa fari? I picciuli li vidi cu lu cannocchiali”. Poi traduceva nella strana lingua di Kamut. “Ragazzo mio, se fai l’archeologo i soldi li vedi solo con il binocolo”.
Marzo 2045. Si trovava nella cella d’isolamento della prigione di Kamut. La sua città. La vita era dura a Kamut per uno come lui. Era sempre svogliato, si metteva costantemente nei guai e disubbidiva a suo padre. Il re ranocchio. Così, per punizione il re lo aveva rinchiuso nella maestosa prigione della città. Il fantasma di Zohar era ritornato per ucciderli tutti e mangiarne le viscere. Dopo una settimana di prigionia suo padre lo andò a trovare.
«Ciao corviciattolo,come stai? ».
«Ascoltami bene e non interrompermi»,
disse senza preamboli.
«Devo dirti una cosa importante:
il fantasma di Zohar è ritornato e ci ha minacciato di morte».
«Quel babbuino non ha il coraggio di venire di persona.»
«Tu sei il mio piccolo fiore e devi salvarti, per un giorno ritornare e riprenderti la città e vendicare l’onore di tua madre». Ecco 10.000 monete di Zolfo e il libro degli incantesimi. Appena varcherai la porta, diventerai umano e con soldi a volontà. Devi solo pensare quello che più ti piace e comparirà davanti a te. Ma non esagerare come fai sempre. Questo libro apre un portale dimensionale. Ti troverai in una città di Nome Agrigento. Devi salire sul treno numero 883 = 18 e chiedere al capotreno la moltiplicazione del 3×2. Se come risposta ti dice: paghi 2 e prendi 3. Ti puoi fidare. »
«Okay padre. Questa volta non ti deluderò.»
Doveva lasciare il suo villaggio, ma il suo più grande dispiacere era lasciare Soia. Una bellissima ragazza dai capelli viola e le orecchie a punta. Di cui era sempre innamorato. Erano anche una
specie di fidanzati da quasi un decennio, ma lei non lo sapeva. Albert non riusciva a dichiararsi ma era felice. L’indomani mattina avrebbe aperto il portale. Dopo che suo padre se ne ritornò nei piani alti, restò solo e si lasciò andare in un triste pianto di cristallo, poi chiuse il deretano strinse gli occhi e si addormentò. Fu svegliato da un rumore dentro la sua cella, aprì gli occhi e vide Soia che lo fissava. Amava quella puledra dai capelli viola. Lei si materializzò dentro la cella e corse ad abbracciarlo. Entrambi i nasi stavano avendo un doppio orgasmo. Era una sensazione bellissima che lui non aveva mai provato. Aveva i capelli ancora vergini. Dopo un po’ e senza preavviso, lui venne e svenne.
Agrigento era una bella cittadina. C’era il mare, il sole era caldissimo e c’era lei. Il capotreno. Era una bella ragazza dal colore degli occhi grigio perla. I capelli bianchi come seta e il fisico degli abitanti di Kamut. Ad Agrigento aveva preso le sembianze umane ed era diventato finalmente magro e non era più un brutto ciccione corviciattolo ed era ricco. In Sicilia trovò finalmente la felicità con il capotreno dallo strano nome. Suo Nonno ritornò in vita e ufficializzò le nozze con Gina e vissero felici contenti e con tredici corvitreni da sfamare.
The End