UN GIOIELLO DEL SETTECENTO SICILIANO
LA CHIESA DI SAN BENEDETTO ALLA BADIA A CACCAMO
Fu un cinquantennio di grande calamità per la Sicilia quello tra il 1500 e il 1550: Kair-ed-dim, il corsaro soprannominato “Barbarossa”, infestava il Mediterraneo e le sue coste. Le città venivano saccheggiate ed i cittadini fatti prigionieri e venduti come schiavi. Capitò anche che alcuni monasteri fossero violati e le suore rapite. Questi fatti provocarono grande sconcerto tra le autorità laiche e religiose del tempo che impegnarono energie e denaro per risolvere il problema. Ma inutili risultarono gli sforzi dell’imperatore Carlo V e inefficaci si rivelarono le azioni del genovese Andrea Doria per mitigare questi mali.
Per la salvaguardia delle religiose, nel Concilio di Trento si stabilì che tutte le comunità di suore esistenti fuori le città dovessero trasferirsi entro l’abitato. Così, nel 1572, fu fondato il monastero di Santa Maria La Mensa, dentro la cinta muraria di Caccamo. La cittadina sorge su una collina a circa venticinque chilometri ad est di Palermo e il suo centro abitato si sviluppa attorno al più grande castello della Sicilia. Le molte chiese ivi edificate nel corso dei secoli conservano opere di artisti come Francesco Laurana, Antonello Gagini, Matthias Stomer, Simone De Wobrek di Harlem, Jan Van Houbraken e Guglielmo da Pesaro.
Ma, tornando a quanto accaduto nel monastero di Santa Maria la Mensa,
occorre dire che, secondo le cronache del tempo, il 29 novembre 1614 alla suora Felicia Henriquez Cabrera, figlia del signore del castello di Caccamo, apparve la Vergine Maria. Tale prodigio fu la causa per cui le famiglie nobili locali iniziarono ad arricchire il monastero e la chiesa annessa con costose e belle opere d’arte.
Dopo la fine del Regno delle due Sicilie e l’unificazione d’Italia, per effetto della legge che soppresse le Corporazioni religiose, il monastero venne prima incamerato dallo Stato e poi venduto a privati nel 1866.
L’annessa chiesa di San Benedetto alla Badia continuò però ad essere usata per scopi religiosi e rimase aperta ai fedeli e ai cultori della bellezza dell’arte.
Moltissimi sono oggi i turisti che chiedono di potere entrare all’interno di questo autentico gioiello. Meta dell’incessante pellegrinaggio è principalmente il pavimento maiolicato della prima metà del secolo XVIII, attribuito a Nicolò Sarzana, con i suoi meravigliosi colori e le sue straordinarie figure allegoriche che rappresentano l’eterno contrasto tra il bene e il male, tra la luce e il buio. In una delle scene contenute in questo pavimento maiolicato, il viaggio periglioso della Chiesa nel mare tempestoso dei secoli è rappresentato da una maestosa nave scossa ma non affondata dal mare in tempesta.
Pregevoli sono anche gli affreschi sulla volta a botte che presentano un particolarissimo effetto tridimensionale, lo stucco raffigurante la “Cena del Cristo in Emmaus” eseguito da Procopio Serpotta (figlio del grande Giacomo), la grata in ferro battuto dietro la quale le suore di clausura assistevano alle funzioni religiose, la ruota degli esposti (i bambini abbandonati dalle puerpere in difficoltà), i molti particolari che riconducono alla vita dei monasteri d’un tempo. A questa chiesa appartengono le tele “L’Immacolata Concezione” di Vincenzo La Barbera, a cui si attribuisce la prima rappresentazione pittorica di Santa Rosalia, e “La Madonna della Neve” di Antonio Spatafora, discepolo di Vincenzo da Pavia detto il Romano.
Le infiltrazioni d’acqua, l’incuria e il trascorrere del tempo, hanno in parte offuscato la bellezza di questo luogo. Un opportuno stanziamento pubblico ne ha però permesso il restauro e, recentemente, dopo un lungo periodo di chiusura, questo gioiello dell’arte e della religiosità siciliana è stato riaperto al pubblico. Tra i visitatori d’eccezione di questo magnifico tempio annoveriamo il critico d’arte, professore Vittorio Sgarbi, che ha anche voluto presentare il suo ultimo libro nella sala “Prades” del castello di Caccamo.
Per gli amici di “Villachincana” abbiamo brevemente tracciato un resoconto della storia e delle opere d’arte della chiesa di San Benedetto alla Badia allo scopo di renderla nota ai più. Inoltre, offriamo alcune foto di questo esempio magnifico di ciò di cui furono capaci nel Settecento i nostri migliori artisti ed artigiani.