Mi sono innamorato di Marina,
una ragazza mora,ma carina.
Ma lei non vuol saperne del mio amore.
Cosa faro’ per conquistarle il cuore.
Un giorno l’ho incontrata sola sola,
il cuore mi batteva a mille all’ora.
Quando le dissi:
“Io ti voglio amare”,
mi diede un bacio e l’amore sboccio’.
Marina,Marina, Marina,
ti voglio al piu’ presto sposar
Oh mia bella mora no non mi lasciare,
non mi devi rovinare.
O no no no no no.
Non sono più riuscita a dimenticare le parole di questa canzone che, nel 1959, costituirono la colonna sonora di Via Moscato. La mattina, allora bambina di due anni, mi svegliavo al suono di questa canzone, la sera mi addormentavo al suono di questa canzone. Solo oggi, verificando l’anno di successo della canzone, io stessa, mi sono stupita della circostanza di avere conservato ricordi risalenti ai primi anni della mia vita. Con molta probabilità, la mia mente, ha voluto custodire indenne il breve periodo della mia felice infanzia. In quel periodo la via Moscato pullulava di ragazze in età di marito che in questa canzone, penso, trovassero la speranza di incontrare al più presto l’uomo della loro vita. C’erano le sorelle Dato: Fina e
Giuseppina, Maria Marino (la povera signora che qualche anno fa ha perso la vita in quel terribile incidente domestico provocato dall’incendio della bombola del gas), Mimma e Pina Castellano, le sorelle Martorana: Rosa, Pierina e la terza della quale non ricordo il nome, le sorelle Di Noto: Pina e Tita e nei paraggi di Via Moscato: Fina Chiazza, Fina Martorana. Sicuramente ne dimentico qualcuna, ma il numero mi sembra già sufficiente a fornire l’idea del fermento che regnava in quella Via. Credo che io fossi l’unica bambina di quell’età e, pertanto, potevo godere del privilegio di essere “annacata” da tutte queste signorine che mi coccolavano come meglio non potevano e, mentre loro mi coccolavano io raccoglievo nella mia memoria il tempo che trascorrevano a migliorare il loro aspetto cotonando i loro capelli, sperimentando artigianali metodi per truccare il viso e gli occhi: così “l’azzolo” diventava ombretto, il carbone del fiammifero spento diventava matita per qualche bizzarro neo, il rossetto, l’unico cosmetico accessibile, diventava anche fard e intanto il 45 giri di Rocco Granata non smetteva di girare…..