CARTEGGIO 1962-1969 Carlo Betocchi – Erminio Cavallero

CARTEGGIO 1962-1969 Carlo Betocchi – Erminio Cavallero

       Neanche un mese fa, il 28 maggio alle ore 17,30, nella Sala Ferri di Palazzo Strozzi a Firenze, è stato presentato il volume relativo al carteggio tra i due poeti Betocchi e Cavallero, come da titolo, a cura di Sara Lombardi e con la prefazione di Giuseppe Langella – Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2013 – Archivio della Letteratura Cattolica (Università Cattolica di Milano).

      Hanno partecipato Anna Dolfi, Andrea Jengo, Giuseppe Langella, Marco Marchi, Sara Lombardi e la figlia di Erminio Cavallero, Rosalia, insegnante di discipline pittoriche presso il Liceo Artistico e oggi in pensione, che si è dedicata per anni alla custodia e al riordino di tutti gli scritti lasciati dal padre, morto prematuramente. Attraverso accurate ricerche Rosalia ha anche cercato presso fondi di altri scrittori, lettere e scritti del padre a loro indirizzati, per arricchire il materiale in suo possesso.

 Il “Carteggio C.Betocchi- E.Cavallero” che contiene più di cento lettere che i due poeti si scambiarono durante gli anni della loro amicizia (1962-1969) è un risultato di queste ricerche.

 

 

     La figlia Rosalia possedeva ovviamente le lettere di Betocchi ma non quelle del padre (che non faceva sempre copie delle sue), ma dopo anni di ricerche le trovò a Firenze all’archivio Bonsanti-Vieusseux e alcune anche alla Rai di Firenze e così riuscì a completare il prezioso carteggio.

     Dapprima questo fu oggetto di una tesi di laurea e poi divenne un libro molto ricco di riferimenti al periodo vissuto dai due poeti. L’introduzione è di Sara Lombardi che fece la tesi e la bella prefazione è del prof. Giuseppe Langella. Questo Carteggio lo si deve alla tenacia della figlia, è vero, ma ancor più alla cura e all’interesse del prof. Langella che lo ha curato come una sua creatura. Egli ha pure accolto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano tutto il materiale (manoscritti, dattiloscritti, pubblicazioni ecc.) di Erminio Cavallero, per anni conservato amorevolmente dalla figlia che ne ha fatto dono appunto, salvandolo così dalla dispersione. E’ nato così il Fondo Cavallero consultabile dagli allievi e insegnanti di quella università e da tutti gli studiosi, in genere.

     In questa sede è doveroso, verso gli utenti di questo Portale Culturale, ricordare anche lo scambio epistolare checi fu tra Erminio Cavallero e lo scrittore Alessio Di Giovanni (1872-1946). Scambio epistolare pubblicato sul 7° Quaderno di Studi Digiovannei – giugno 2006, -edito da Istituzione Culturale di Studi di Poesie e di Cultura Popolare “Alessio Di Giovanni” Cianciana -, e presentato a Cianciana che fu il suo paese natale.

 

PREFAZIONE

Quando cominciarono a carteggiare, auspice Diego Valeri, nell’autunno del 1962, tanto Carlo Betocchi quanto Erminio Cavallero, quasi coetanei, erano sulla sessantina. Per l’anagrafe essi erano entrati, perciò, in quella stagione della vita che proprio Betocchi aveva definito, non più di un anno prima, L’estate di San Martino, intitolandole una raccolta di versi destinata a segnare una tappa miliare nella sua carriera di poeta. Ma, non fosse per i disturbi fisici che entrambi accusano, di quando in quando, nelle lettere, portato immedicabile dell’età, e per l’ombra della morte che attraversa, come un meteorite, il cielo di questa corrispondenza, specie in margine all’Elegia cattolica di Betocchi, dedicata al trapasso della madre, a nessuno verrebbe in mente di trovarsi davanti a un carteggio senile. L’intenso scambio epistolare tra Betocchi e Cavallero lascia, al contrario, un’impressione vitale di passione militante e di energia intellettuale. L’uno e l’altro, del resto, erano ancora in piena attività: Betocchi dalla sede RAI di Firenze curava «L’Approdo», trasmissione radiofonica di cui fu per anni il motore e l’anima; Cavallero, dal canto suo, da tempo impegnato sul fronte del giornalismo politico e culturale, si accingeva a lanciare da Palermo, nel 1964, «Linea Nuova», il «bimestrale di cultura e di interessi umani» che divenne ben presto il principale terreno d’incontro tra i due. Betocchi, infatti, tenne sempre in grande considerazione la rivista di Cavallero, ne seguì passo passo l’uscita con pareri circostanziati e le assicurò la propria prestigiosa collaborazione. Né si può dire che il suo generoso appoggio fosse degno di miglior causa, perché «Linea Nuova», al di là delle firme più o meno illustri che seppe guadagnarsi, si staglia nel panorama della pubblicistica culturale degli anni sessanta, conquistando uno spazio e un ruolo inconfondibili. Non a torto, dopo la sua chiusura, il direttore poté scrivere a Betocchi, il 27 marzo 1968, che «la rivista non è per nulla morta. Infatti, se è stata una rivista viva continuerà a vivere, anche indipendentemente dalla sua breve vita, e sarà seme che si è rotto per poter germogliare» (Lettera n. 100). Sismografo sensibile delle trasformazioni in atto nella società italiana, la rivista di Cavallero fu soprattutto un presidio vigile e lucidissimo dei valori cristiani, aperto al dialogo ma irremovibile sui princìpi, sollevando coraggiosamente, senza timori reverenziali, con una fondamentale rettitudine e onestà di coscienza e di pensiero, tutta una serie di problemi sul tappeto, culturali e politici non meno che morali o di costume.

Ebbene: all’interno del carteggio questi motivi trovarono immediata risonanza nei puntuali commenti di Betocchi, al cui vaglio di attentissimo lettore non sfuggì pressoché alcun contributo, inducendo non di rado Cavallero a riprese e contestualizzazioni che aiutano non poco a comprendere premesse, risvolti e sottintesi di certi interventi. Inoltre, lo scambio epistolare tra i due pensosi intellettuali cattolici non poteva non risentire della decisa ventata di rinnovamento introdotta, proprio in quegli anni, in seno alla Chiesa dal Concilio: entrambi la salutarono con convinta sod
disfazione, senza tuttavia dare l’avallo, per questo, a certe fughe in avanti, reputandole pericolose e persino aberranti.

Ma nelle lettere di Betocchi come in quelle di Cavallero non si dipanano soltanto le ragioni e le occasioni di una quotidiana e parallela militanza culturale e letteraria: la loro corrispondenza ci restituisce, al tempo stesso, i montanti di un rapporto umano che, senza mai varcare la soglia formale di un vicendevole rispetto, si viene man mano intensificando, col crescere di una stima vicendevole e di una spontanea intesa, fino a sfociare in un’amicizia tanto poco sbandierata quanto profonda, limpida e solidale, fatta di attenzioni squisite, di coinvolgimento e di premure. La bellezza, abbastanza rara, del carteggio tra Betocchi e Cavallero sta proprio in questo: nell’incontro, attestato pagina dopo pagina, tra due uomini che Maritain non avrebbe esitato a definire ‘integrali’, disposti ogni volta a trasfondersi totalmente in questa conversazione a distanza, intrecciando tra loro questioni pratiche, anche di necessità e di angustie economiche, notizie sullo stato di salute, tematiche squisitamente intellettuali, impegno civile, casi di coscienza, moti spirituali, giudizi di valore, attese e speranze.

Sara Lombardi, in coda alla Nota filologica che accompagna la presente pubblicazione, ha ringraziato quanti l’hanno sostenuta, a vario titolo, lungo il cammino. A lei, peraltro, che alla corrispondenza tra Betocchi e Cavallero ha dedicato, sotto la guida della professoressa Anna Dolfi, la sua tesi di laurea, discussa nel 2007 all’Università di Firenze, va riconosciuto il merito primo di una lunga e proba dedizione. Ma quasi certamente né questo carteggio né quella dissertazione avrebbero mai visto la luce senza l’iniziativa amorevole e tenace di Rosalia Cavallero, che con pazienza instancabile, a partire dalle lettere di Betocchi gelosamente conservate da suo padre, è riuscita a mettere insieme, in anni di ricerche, l’intero corpus epistolare e a trovargli l’auspicato sbocco editoriale, mai disarmando davanti alle porte che le si chiudevano. Ella ha voluto inoltre salvare dalla dispersione materiali, carte e documenti relativi all’attività intellettuale del padre, mettendoli al sicuro presso il nostro «Archivio della Letteratura Cattolica», che si arricchisce, quindi, di un prezioso Fondo Cavallero. Anche di questo le siamo tutti debitori. Desidero infine tributare la mia più sentita riconoscenza agli eredi di Carlo Betocchi, all’Archivio Contemporaneo «Alessandro Bonsanti» e all’Archivio RAI di Firenze, che hanno reso disponibili le missive in loro possesso e ne hanno autorizzato la stampa.

                                                                                                                                                                                                               GIUSEPPE LANGELLA

 

 

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