Il racconto del mondo

  Prima degli esordi della ragione il teatro apre i battenti come radice della figura umana, si presenta come messa in scena di corpi, di desideri e di discorsi, in tal guisa segue il racconto.

     Questi implica il tempo, ovvero la Cosmologia e la Cronologia della parola; tuttavia cosmo e racconto, secondo l’ideale pitagorico hanno in comune la musica. La Cosmologia si presenta allora come bellezza di un ordine ben delineato, ripartito; ordine naturale del cielo e della terra illustrato in quel dato discorso umano che crea il cosmo stesso.

     Tuttavia troviamo una relazione fondamentale tra cosmo, ordine e discorso. Kosmos è ordine, decoro, disciplina, ornamento, bellezza: a Creta era il magistrato supremo, intuendo il nesso tra politica e cosmologia.

     Con Theogonia indichiamo l’origine degli dei e la loro genealogia; ma riflettendo sui termini Kosmogonia e Theofania come manifestazione degli Dei, scopriamo che entrambi si riferiscono ai discorsi e ai racconti poetici. Dunque sono punti di fusione tra cosmo e linguaggio, ovvero racconti e narrazioni dell’origine; che nell’ordinamento della parola fanno conoscere il mondo.

     Ma vi è sempre la figura di chi racconta o narratore, che è fuori dal tempo e anonima, che si ripete in generazione in generazione irriducibile sul filo della memoria. Ogni racconto sia , a suo modo , un racconto delle origini: del mondo, delle città. Ma ogni origine viene decretata da una catastrofe; senza catastrofe non c’è racconto, Cosmologia e Cosmogonia, non esiste traccia o segno di quello che fu il presunto inizio ciclico.

     Dunque è nel passato che si rivolge il racconto cosmologico-cosmogonico attraverso la rappresentazione della parola. Tuttavia l’uomo e il cosmo procedono di pari passo . Il macro-cosmo si rispecchia nel micro cosmo . Sicchè se il racconto è delle origini, il suo punto iniziale è un esercizio memoriale, un ritorno indietro.

     Chi racconta esercita il sapere di chi ha la necessità di collocazione nel tempo.

     Ma come nasce questo sapere?

     Nasce dal bisogno-esercizio di dar vita alla figura di chi narra, e dalla figura esercizio di chi vuole conoscere. Qui esiste uno stacco, prodotto dal racconto stesso che si proietta retroattivamente nel ritorno memoriale compiendo la figura narrativa nell’esercizio della domanda e della risposta. Già in questo luogo avviene la nostra domanda genealogica di ciò che la domanda vuole sapere: per esempio ci chiediamo cosa fu il diluvio, cosa fu il big-bang.

     Noi, dunque, interroghiamo i segni materiali (o spezie come dice Vico), sui suoi segni medesimi, andando a formare le cosmologie arcaiche, pietrificate nella storia della terra. Fu tale assimilare la polis Atene al corpo umano. Tutto questo intreccio di domande e risposte con una trama sotterranea è il Mithos e favola.

     Tutte queste narrazioni senza corpo, ma incorporate nella pietra sono il foglio mondo, la metafora immaginaria e immaginifica cosmologica del racconto e della parola; di chi racconta e di chi chiede.

     Dunque, il cosmologico è un racconto che produce “fama”, ovvero tutti quei significati di parola che in Kosmos erano in-siti. Sicchè la parola è cosmologica rispecchiando per analogia l’eternità del cosmo tramite il racconto, che diviene teatro, poesia, arte, raffigurazione, linguaggio.

     Qui inizia la soglia della ragione, nella continua ricerca della parola e nelle sue rappresentazioni.

ALTRI ARTICOLI

CONDIVIDILO