La sicilia preistorica – di Giuseppe La Rosa

 I PRIMI UOMINI GIUNGONO IN SICILIA

Sembra che i primi uomini siano arrivati in Sicilia per mare poiché i geologi sono certi che, dagli albori della colonizzazione del continente europeo, non sia mai esistito un ponte di terra che unisse la Sicilia alla penisola italiana o al continente africano. Abitazioni dell’antica età della pietra, ricavate in grotte e ripari rocciosi, sono presenti in alcune zone della costa settentrionale e nella zona sud-orientale dell’isola. Le antichissime popolazioni che le abitavano sono in qualche modo collegate alle culture dell’Europa centrale e occidentale. Questo infatti si evince dalle particolarità dei graffiti murali delle grotte nell’isola di Levanzo, al largo di Trapani, e sul monte Pellegrino a Palermo. In particolare, gli animali e le figure umane riprodotti a Levanzo possono essere ricollegati a quelli ritrovati nelle grotte della valle del Rodano e della Spagna centrale e meridionale. Gli archeologi collocano la realizzazione dei graffiti di Levanzo intorno al 10000 a. C..

A partire dal 3000 a.C. avvenne una lenta trasformazione che interessò l’intera area del Mediterraneo. Le comunità contadine presenti adoperavano ancora strumenti di pietra ma applicavano nuove modalità di produzione agricola, di allevamento del bestiame ed erano abili nella produzione di ceramica. In alcune tombe sono stati rinvenuti vasi di ceramica con decorazioni impresse sull’argilla e talvolta con dipinti.

 

LE ETA’ DEL RAME E DEL BRONZO

Nel periodo nel quale in Sicilia, nell’Italia meridionale e a Malta si iniziò ad usare il rame, si usavano tombe scavate nella roccia per le sepolture. In precedenza l’inumazione si effettuava in fosse poco profonde o dentro la cosiddetta “cista litica”, recipiente dove veniva adagiato il defunto che veniva sepolto in un appezzamento di terreno delimitato da ciottoli o pietre. Queste sepolture furono successivamente sostituite da “grotticelle” scavate nella roccia, spesso precedute da una sorta di anticamera con la quale costituivano nell’insieme una struttura non dissimile dal forno in uso presso gli odierni contadini siciliani, per cui gli archeologi le hanno chiamate “tombe a forno”. Intorno al 2500 a. C. fu introdotta la sepoltura collettiva in un’unica cella, un’usanza il cui significato è tutt’oggi fonte di discussione.

E’ da notare che, anche durante l’età del rame, i materiali duri più usati continuarono ad essere la pietra e l’osso. L’età dei metalli ebbe il suo vero inizio con l’uso del bronzo (in Sicilia intorno al 1800 a. C.).

In questo periodo, in Occidente ebbe luogo una serie complessa di migrazioni di popolazioni abili nella lavorazione del rame e dell’oro, identificabili anche da un caratteristico tipo di ceramica noto come “bicchiere campaniforme”, introdotto anch’esso in Sicilia. La Sicilia infatti, per la sua particolare collocazione geografica, accolse tali popoli o comunque ne subì una forte influenza. Non ci è dato però sapere attraverso quali vie ciò avvenne (dalla penisola iberica, attraverso la Sardegna o da quella che è oggi la Francia meridionale). Certo è che risale a questo periodo l’introduzione di dialetti appartenenti alla famiglia delle lingue indoeuropee.

SICANI, ELIMI E SICULI

I Greci, che cominciarono ad insediarsi in Sicilia a partire dall’ottavo secolo a. C., documentarono che, al loro arrivo, si trovavano in Sicilia tre diversi popoli: i Siculi (nella parte orientale), i Sicani (ad occidente) e gli Èlimi (nella regione nord-occidentale). Lo storico greco Tucidide, vissuto alla fine del quinto secolo a. C., che aveva a sua volta studiato l’opera di Antioco di Siracusa, riferisce che nel versante occidentale dell’Isola si stabilirono i Sicani. Per Tucidide si trattava di una popo­lazione di origine iberica, poiché in quella zona esisteva un fiume di nome Sicano. Questa teoria, basata solo sulla toponomastica, risulta però opinabile. Gli storici antichi Timeo e Diodoro Siculo formulano invece l’ipotesi di un’origine autoctona di questo popolo. Probabilmente, i Sicani si stanziarono dapprima nella Sicilia orientale e successivamente in quella centro-occiden­tale (dando il nome ai monti Sicani).  Le fonti antiche riferiscono del terrore provato dai Sicani durante le eruzioni dell’Etna che li spinse a lasciare le terre della prima colonizzazione. Più verosimilmente si spostarono verso l’interno a causa dell’invasione di una nuova popolazione: i Siculi. I Sicani sono descritti da fonti greche come un popolo violento e guerriero che praticava la schiavitù e cre­mava i cadaveri. Tuttavia, il fatto che essi non depredassero i nemici vinti in battaglia e che fossero dediti con successo all’agricoltura e alla pastorizia, ci fa pensare che la loro presunta aggressività potesse essere solo un modo per difendersi dagli attacchi degli altri popoli. I loro maggiori centri abitati furono Erbesso e Halycia, di incertissima collocazione, Càmico, capitale del leggendario regno di Còcalo, fortificata su progetto di Dedalo (forse situata sul monte Cammarata, secondo quanto riportato da Diodoro Siculo; oppure, secondo un’altra valida teoria, collocata sulla costa meridionale della Sicilia) e Iccara, distrutta dagli Ateniesi capitanati da Nicia nel 415 a.C. (sulla costa settentrionale).

Sfortunatamente non sappiamo praticamente nulla della lingua dei Sicani, mentre su quella degli Èlimi, che fondarono Erice, Segesta ed Entella, esistono alcune iscrizioni, nessuna più lunga di 12 lettere, su alcune monete greche e su frammenti di coccio del sesto e del quinto secolo a. C. ritrovati a Segesta. La lingua usata non è di origine greca, ma di che lingua si trattasse si è discusso a lungo senza giungere a una conclusione definitiva. Non è però neanche possibile escludere che fosse un dialetto indoeuropeo. Di dialetto indoeuropeo si può invece con certezza parlare per la lingua dei Siculi. Il dato fondamentale che ci permette di affermare con sicurezza che i Siculi fossero una popolazione indoeuropea è costituito dalle testimonianze linguistiche su ceramiche, bronzetti ed iscrizioni ritrovate nelle zone da essi colonizzate. Inoltre, sono di origine sicula vari toponimi: Messina denominata “Zankle” dal siculo Falce, Siracusa chiamata “Sùkara” che nella lingua sicula significava abbondanza d’acqua, Catania dal siculo “Katane” che significava grattugia (a causa del terreno di natura lavica su cui sorge la città). Sono famose le necropoli sicule di Pantàlica, Cassibile e del monte Finocchito (Siracusa), di monte Bubbonìa (Caltanissetta), di Sant’Angelo Muxaro (Agrigento) e di Licodia Eubea (nei pressi di Catania).

UNA LEGGENDA MOLTO FAMOSA: IL VOLO DI DEDALO E ICARO

L’età preistorica della Sicilia è intrisa di miti e leggende di origine greca. Si narra che il grande architetto ed inventore Dedalo, imprigionato a Creta, riuscì a fuggire con il figlio Icaro fabbricando delle ali tenute insieme con la cera e librandosi in volo. Fu in questa famosa circostanza che Icaro volò troppo vicino al sole, il quale sciolse le ali di cera del giovane facendolo precipitare ed annegare in mare. Dedalo si mantenne radente all’acqua e riuscì a raggiungere la Sicilia occidentale dove fu accolto con grandi onori dal re sicano Còcalo. In seguito Minosse, re di Creta, salpò con la sua flotta alla volta della Sicilia per chiedere la consegna di Dedalo. Costretto dagli eventi, Còcalo ingannò Minosse: lo invitò ad un festino in suo onore e lo fece annegare mentre faceva il bagno. I Cretesi seppellirono il loro re in un grande mausoleo e, trovandosi sbarrate le vie di fuga per il mare, fuggirono all’interno stabilendosi poi definitivamente in Sici
lia. Circa un millennio dopo, fra il 480 e il 470 a.C., Terone, tiranno di Akragas (l’attuale Agrigento), scoprì il luogo di sepoltura di Minosse e ne rimandò i resti in patria a Creta.

Gli studiosi hanno fatto ripetuti tentativi per trovare in questa leggenda un granello di verità storica, ma essa sembra incompatibile con i rinvenimenti archeologici. La leggenda ha infatti per teatro una zona dell’isola in cui le tracce dell’influenza del Mediterraneo orientale risalenti a quell’epoca sono estremamente scarse e di qualità scadente. Inoltre, gli elementi in essa contenuti risultano in contraddizione con il panorama archeologico generale del periodo.

LE ISOLE EOLIE E LIPARI

L’ottima posizione geografica di Lipari e la presenza sull’isola di grandi quantità di ossidiana, un vetro vulcanico duro adatto alla produzione di utensili e di armi, rese le popolazioni stanziate nelle Eolie particolarmente prospere. L’ossidiana veniva esportata in abbondanza in molti luoghi del Mediterraneo. Col tempo però si verificò un forte declino, presumibilmente in seguito al sorgere di una produzione di ossidiana nell’isola egea di Melo, anch’essa molto ricca di questo materiale. La scoperta del bronzo causò una ripresa dell’economia a Lipari ed anche nelle altre isole dell’arcipelago delle Eolie. La produzione di ossidiana era stata interrotta e la spiegazione potrebbe consistere nel fatto che queste isole si trovavano sulla via commerciale percorsa dai vascelli che trasportavano i metalli per mare da Occidente ad Oriente. In Sicilia, poco prima del 1200 a. C., si verificò un declino, se non una totale cessazione dei rapporti commerciali con l’Oriente. Il mezzo secolo precedente al 1200 a. C. fu un periodo di vaste migrazioni dall’Asia minore al Mediterraneo occidentale. Ciò accadde a causa della distruzione di Troia e di alcuni centri di potere della Grecia continentale. Le ripercussioni sulla Sicilia furono disastrose per il verificarsi di violente incursioni di gruppi armati provenienti dalla penisola italica. Le isole Eolie non subirono sorte diversa: nei siti archeologici sono state infatti rinvenute tracce di vasti incendi che causarono l’abbandono abitativo delle isole più piccole. Solamente Lipari rimase abitata e, per i successivi quattro secoli, le sue sorti furono strettamente legata alla penisola italica come non lo erano mai state in precedenza. La ceramica imitava quella pugliese e fu realizzato un nuovo tipo di abitazioni in legno, di cui rimangono tracce di fondamenta, che è caratteristico dell’Italia centrale ed è presente anche sul colle Palatino nell’antica Roma. Lipari fu ancora una volta violentemente attaccata intorno all’850 a. C. e la popolazione venne decimata. L’isola fu perciò abbandonata rimanendo disabitata fino all’insediamento di una colonia greca circa duecento anni dopo.

L’ARRIVO DEI GRECI E L’INIZIO DEL PERIODO STORICO

I greci cominciarono a migrare in Sicilia dall’ottavo secolo a. C. e finalmente la introdussero nell’età storica. Le genti che abitarono la Sicilia nel lungo periodo di preistoria avevano disboscato vaste aree dell’isola che furono sfruttate per l’agricoltura. A contatto con la civiltà greca, le popolazioni preesistenti non hanno esercitato influenze durevoli particolarmente significative. Tuttavia, storie e leggende di quegli antichissimi uomini si raccontano ancora in Sicilia e molte tracce del loro passaggio sono riscontrabili in numerosi siti sparsi per tutta l’isola. Negli ultimi decenni, il lavoro degli archeologi si è più concentrato sulle tracce riguardanti il periodo storico che in Sicilia, a causa della favorevole posizione geografica, hanno una rilevanza che non è certamente solo locale. Auspichiamo che si effettui un più puntuale lavoro di ricerca anche sul periodo preistorico su cui molte appassionanti pagine sono ancora da scrivere.

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