(Intervento presso l’Università della Terza Età, Cianciana, aprile 2007)
Il periodo bizantino è tra i più bui della storia di Sicilia, non tanto perché non siano successi fatti rilevanti o perché il dominio dei Romaioi sia stato particolarmente pesante per cui è meglio dimenticare, quanto perché è tra le epoche meno indagate e su cui bisognerebbe far luce. E’ come se la storia della nostra Isola, dopo gli otto secoli circa di dominazione romana, abbia aperto una parentesi, attraversato una lunga vigilia in attesa dei Normanni che introducono Federico II, “stupor mundi”, che pure tanto apprezzò la cultura bizantina; anzi nei modi, come il suo avo Ruggero, era più bizantino che latino o nordico. Il fatto è che la storia di Sicilia, come storia del popolo siciliano, è stata poco indagata, per cui viene da chiederci cosa sappiamo delle vicende del nostro popolo al di là dei luoghi comuni, delle ovvietà, durante la dominazione romana o durante il periodo arabo.
Della dominazione araba, per esempio, si ricordano solo alcuni aspetti, positivi per altro, ma non s’è mai approfondito il rapporto con la popolazione cristiana sottomessa. Cos’altro sappiamo, al di là della Congiura dei baroni ordita da Manfredi Chiaramente, delle faccende legate a re Martino o della mini insurrezione di Giuseppe Alesi, delle vicende che vanno dalla Pace di Caltabellotta a tutto il ‘600? Poco, in verità. Al limite questi periodi sono stati studiati meglio dai dialettologi che non dagli storici.. Quando i Bizantini di Giustiniano, guidati da Belisario, giunsero in Sicilia, arrivarono a “casa”, in una regione che parecchi secoli prima era stata dei loro antenati dei quali rinvennero numerose tracce, nonostante la latinizzazione, nella lingua soprattutto, che riprese nuovo vigore grazie alla loro presenza. La stessa chiesa cristiana siciliana era d’ispirazione orientale e bizantina rimase fino ai tempi della riconquista normanna perché profonda era stata l’incidenza dei basiliani. La Sicilia bizantina fu affidata a un pretore o prefetto col titolo di patrizio e con funzioni civili, mentre capo dell’esercito era un dux. La sua ricchezza in questo periodo è costituita dall’allevamento dei cavalli, dalla coltivazione del grano e dalla produzione di vino e olio. Il ritorno della Sicilia nell’alveo di una grande comunità, quale l’impero romano d’oriente, determina una rinascita culturale dell’ellenismo che ebbe in S. Gregorio d’Agrigento uno dei suoi massimi rappresentanti. Di certo la Sicilia nel periodo bizantino non brilla di luce propria, ma è destino di tutte le periferie; ciò non implica necessariamente fatti eclatanti o sconvolgenti. La normalità è spesso sinonimo di sicurezza e la Sicilia lo era, al punto che nel 663 l’imperatore Costante II trasferì a Siracusa la corte, la zecca e gli uffici imperiali da Costantinopoli, costantemente minacciata dagli Arabi. Fenomeno particolare pare sia stato quello demografico che vide le città spopolarsi a favore delle campagne, forse per il rallentamento del commercio, forse per le angherie amministrative e fiscali. La vita rurale è caratterizzata dai latifondi, o massae, di proprietà imperiale o della chiesa. Ma la condizione dei lavoratori muta: la schiavitù per effetto del Cristianesimo tende a scomparire, la gran parte dei contadini diventa coloni, comunque legati al latifondo da una specie di servitù della gleba (enapografoi), o salariati liberi (misthôtoi eleutherioi). Personalmente non ritengo che i Bizantini siano stati più rapaci di altri conquistatori, anteriori o posteriori. Vittorio Amedeo II di Savoia, per esempio, pretese come donativo (una specie di una tantum) per la sua incoronazione 450.000 scudi, un altro donativo per la sua lista, oltre “naturalmente” alle tasse ordinarie (1713)! Gli Austriaci, ai quali la Sicilia appartenne dal 1720 al 1734, pretesero un donativo di 600.000 scudi nel 1720 (benvenuto d’insediamento?) e un altro di 800.000 nel 1732! Comunque, è sicuro che i Bizantini incisero sulla lingua, sulla musica, sulla religione, sui costumi al punto che nell’XI secolo, a due dallo sbarco degli Arabi, almeno un terzo della popolazione era da considerare bizantina. La tradizione bizantina è presente nell’architettura e nella decorazione musiva. Come non ricordare le pitture o i mosaici della Cappella Palatina, della Chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio (la Martorana), dell’abside centrale del Duomo di Cefalù e della Sala di re Ruggero nel Palazzo dei Normanni?