San Giuseppe, ultimo Patriarca, è l’uomo giusto e fedele che Dio pone a custodia e guida della Sacra Famiglia. Egli collega Gesù, il Messia, alla discendenza di Davide1.
Il culto di san Giusepe, simbolo di umiltà e di dedizione, nacque in Occidente, intorno all’anno Mille. I primi a celebrarlo furono i Benedettini nel 1030, essi costruirono in Italia la prima chiesa, dedicata a san Giuseppe, a Bologna nel 1129. I Benedettini furono seguiti dai Servi di Maria nel 1324 e dai Francescani nel 1399. La festività venne resa obbligatoria per la cristianità nel 1621 da Gregorio VI.
A Cianciana è viva e diffusa la tradizione di allestire Li Tavuli di di san Giseppi, tavole devozionali in adempimento di una grazia ricevuta. Tale pratica, verosimilmente, si è innestata e diffusa nellla religiosità popolare ciancianese per opera dei frati francescani che nella Chiesa di Sant’Antonio al Convento onoravano un altare con una statua lignea del santo. Poveri ed umili i francescani, povero ed umile san Giuseppe e tali erano i ciancianesi del XVII secolo, fondata la città.
Nelle Tavole, che in origine venivano allestite in strada, rivivono molti simboli della religiosità popolare. Il cibo è l’elemento principe nelle Tavole votive al santo ed il pane è quello che occupa particolare rilevanza.
Lu vastuni di san Giseppi, detto anche vastuni di lu Patriarca, viene decorato con un giglio2, simbolo della purezza.
Li purciddrati o cucciddrati, grandi pani rotondi richiamano un profondo significato sacrale, ricordano l’arcaico simbolismo agrario del rinnovamento della natura, che avveniva proprio nel mese di marzo. Li cucciddrati / purciddrati nella cristianità rappresentano Maria, infatti, originariamente, il pane veniva ornato con una rosa o con dei datteri.
Anche per Gesù Bambino, la tradizione prevedeva dei pani che venivano ornati con uccelli o con i simboli della crocifisione.
– la pitta di lu tammurinaru, era un pane rotondo di mezzo chilo che veniva appositamente preparato per offrirlo a lu tammurinaru, allorchè costui visitava la tavola al rullo del tamburo.
Nelle Tavole ritroviamo altri simboli della religiosità del popolo.
– Lu granatu, il melograno significa carità, umiltà ed unità
della Chiesa. Secondo la simbologia cristiana e cattolica,
il melograno è simbolo della Resurrezione di Cristo. Nel
Medioevo il frutto, rappresentato aperto era simbolo di
Cristo che dona se stesso agli uomini per la loro salveza.
Infatti nei quadri rinascimentali il melograno è tenuto in
mano da Maria o da Gesù, e richiama il sangue ed il
destino di Cristo.
– L’aquila cu du testi: l’aquila bicipite era il distintivo della casa di Davide.
– La vampa di san Giseppi, altro simbolo, oggi
completamente scomparso, veniva acceso nella vigilia
della festa e rappresentava il santo e tutti i poveri che
soffrono il freddo e la fame.
Il Viaggio in Egitto è presente sia negli alimenti delle Tavole che nella tradizionale cravaccata. Che
li (g)attuli e la parma ricordano la tradizione secondo la quale, Maria, stanca ed affamata, chiese ad una palma di abbassarsi del tanto da consentirle di raccogliere dei datteri3.
La palma offrì il ristoro dei suoi datteri a Maria ed allora il Signore, grato per la cortesia fatta alla Madre, si rivolse alla palama:
Cristu a la parma cci parla e cci dici:
– Parma, ti dugnu la bbinidizzïoni,
comu adurasti li me cari amici
sarài cumpagna a la me passïoni
e-ccù li to rami filici
porti ogni arma a la sarbazziòni
e-ccù li to rami santi
trasemmu Ggirusalemmi triumpanti. –
(Cristo parla alla palma e le dice: / Palma, ti dò la mia benedizione / poiché hai servito i miei cari amici / sarai compagna nella mia passione / e con i tuoi rami felici / porterai ogni anima alla salvazione / e con i tuoi rami santi / entriamo a Gerusalemme trionfanti.)
– La parma, pertanto, simboleggia la pace ed i datteri
ornano il pane di Maria.
– Lu rosmarinu secondo la tradizione aveva i
fiori di colore bianco. Durante la fuga in Egitto, la
Madonna fece cadere su di esso il proprio manto ed i
fiori, assunto il colore del manto, divennero azzurri.
Niente nelle tavole viene messo a caso, la Ficu d’Ìnnia, per esempio, è il simbolo delle cose povere, l’addràiru, l’alloro rappresenta la sapienza divina, l’arànciu è simbolo di felicità e lu cutugnu d’amore.
Anche la ricca presenza di ortaggi, cardi, broccoli, carciofi, fave, piselli, fionocchi, zucche ha un particolare valore, rappresentando l’abbondanza che in onore del santo era ed è a disposizione dei poveri e di tutti ed ognuno dei ciancianesi che visitano devotamente la Tavola per onorare il protettore degli orfani, delle ragazze nubili e dei poveri.
francesco cannatella