Quantunque sia perfettamente ortogonale, data la sua giovane età (1646), il paese abbonda, oltre che di piazzole, di cortili, disseminati qua e là nel tessuto urbano, tranne che nella recente zona d’espansione.
Alcuni sono, in qualche modo, delle trovate geniali, altri figli della necessità, altri ancora dello scarso senso civico di chi ci ha preceduto e di malandrinaggio.
Per cortile generalmente s’intende un’area scoperta compresa tra uno o più edifici sulla quale si affacciano le loro aree interne oppure lo spazio libero attiguo ad una casa colonica in cui si fanno crescere in libertà animali, detti appunto da cortile, come galline, oche, conigli.
Da noi invece sono delle vie, delle strade, strozzate – ed è di esse che vogliamo parlare – in cui le nostre nonne e mamme, visto che c’erano e offrivano riparo, amavano riunirsi a lavorare assieme, celiare, a fare cioè curtigliu, e talvolta anche pregare perché v’era presente spesso una nicchia con immagine di santo.
Famoso dappertutto quello “di li ’Ragunisi”, che da noi tuttavia manca. Ma non ci preoccupa; peggio per gli Aragonesi! Abbiamo quello dei Di Maria, dei Borgia, dei Montuoro, degli Arcuri e altri che sono tutti nostri!
Molto verosimilmente i cortili ciancianesi nascono nella seconda metà del XIX secolo allorché, grazie all’apertura delle miniere di zolfo, la popolazione raddoppia e le minuscole case terrane non sono più in grado di ospitare gli abitanti, che “s’industriarono” fornendo di soffitte le vecchie e nuove case, usurpando “con mal vezzo” il suolo pubblico, occludendo o restringendo e aprendo cortili per dar luce alle nuove abitazioni, ricavate dalle o accanto alle vecchie, possibilmente di parenti o amici consenzienti. Per evitare ulteriori deturpazioni nella maglia urbana e usurpazioni del suolo pubblico, nelle sedute del 18 aprile e del 24 giugno 1876, sindaco Gaetano Di Giovanni, il Consiglio Comunale deliberò la vendita di 185 piccoli lotti di “terre communi”, che, se rispondevano alle esigenze della popolazione, fecero affluire nelle Casse del Comune “un bello introito” (cfr. G. Di Giovanni, La Circoscrizione territoriale di Cianciana e dei comuni finitimi, Girgenti, 1877).
Non esistono, a nostra memoria, fatti eclatanti legati a questi nostri luoghi e non è proprio il caso d’inventare storie di spiriti e fantasmi perché nessun ciancianese vi accorderebbe credito, così disincantato com’è. Aggiungiamo una nota coloristica e di costume ricordando come i cortili fossero talvolta “galeotti”, favorendo col loro buio, le “fuitine”.
Ne abbiamo contato un bel po‘. Esaminiamone qualcuno.
Una casa “stoppa” la via Cuffaro, verso la ex-Salita Matrice (oggi Salita Martiri 16 Marzo) e la Salita Santo La Corte, dando vita ai cortili Montuoro, da una parte, e Martiri 16 Marzo, dall’altra. L’ingresso del primo è contrassegnato da un arco a tutto tondo, nella cui chiave si legge la data 1902, che non si riferisce alla nascita del cortile ma all’anno in cui sorse la canèa – come direbbero a Bivona – con l’abitazione soprastante. Per parecchio tempo il Montuoro è stato utilizzato da persone poco educate come pisciatoio, finché gli inquilini non l’hanno chiuso con un cancello. Il Martiri 16 Marzo è più lungo e più largo.
Cortile Montuoro
Ha forma più o meno quadrata, con un suo ingresso rettangolare a mo‘ di corridoio, il c. Santo La Corte, che chiude, verso la Salita omonima, la via Don Gerlando Re e che potremmo intendere dei Maggio per la famiglia che vi abitava. In esso, che per sua conformazione (scale esterne, fico, edicola votiva) si presta a rappresentazioni, l’Ass. Culturale Theatron ha filmato alcune scene dello Scunciuru di Alessio Di Giovanni e del San Giovanni decollato di Nino Martoglio, mentre gli Scout l’hanno utilizzato per le sue vecchie abitazioni in occasione dell’allestimento del Presepe vivente.
Nella parte opposta della stessa via c’è uno sgabuzzino (doppio risulta quello all’altezza del civico 17 di Salita Regina Elena) e poco più sotto abbiamo il cortile Cammarata, che prende nome dalla via omonima.
La via D’Angelo, lunga sì e no cento metri, ne presenta ben due: il Sala, tra i numeri civici 18 e 20, e il Borgia, dopo il 28, più giustificabile.
Ad inizio della salita Ragusa, a sinistra, un cortile lungo e stretto fa il paio con un altro, poco più avanti sulla destra, grande quanto una stanza. E’ stato chiuso con un cancello quello di via Fidanza per evitare… sconcezze.
Sono da considerare degli slarghi un altro della citata via Fidanza (a sinistra, quasi all’inizio), quello di via Roma e quello in fondo alla via Cappadona, che ne registra uno piccolino all’inizio, sempre sulla destra; mentre è simile ad un corridoio quello di via Marsala. Grande quanto una stanza è quello in fondo a via Martorana, parallelo alla quale è il Martorana che risulta abbastanza profondo.
Cortile di Via Amormino
Assai lindi e gradevoli col loro acciottolato si presentano i tre cortili di Via Amormino, nemmeno lontani parenti del Ferraro e del Cardinale, che sembrano abbandonati e che si trovano un po‘ più a nord di via Provenzano, che presenta uno slargo che non può essere considerato cortile, data la sua ampiezza.
Cortile vero e proprio è il Di Maria. Esso si trova nella via omonima ed era una specie di masseria, a pochi metri dalla Regia Trazzera delle Lettighe, che attraversava da nord a sud il centro abitato.
Quante arterie cittadine sono state strozzate? La Salita La Mattina era molto più lunga e forse raggiungeva la parte alta del paese; della via Cuffaro abbiamo detto; il Martorana era un cortile?
In ogni caso, belli o brutti che siano, funzionali o meno, queste occlusioni fanno parte del paesaggio e conferiscono un aspetto particolare al Paese; al limite si potrebbe e dovrebbe trovare un escamotage per valorizzarli e renderli più godibili e frequentabili. Più pittoreschi.
Accanto ai suoi cortili, il Paese presenta, soprattutto nella parte alta, tra la Salita Regina Elena e la Salita Convento, alcuni vicoli molto interessanti, con case che si stanno restaurando, in pietra viva.
Consigliamo di percorrerli armati di macchina fotografica.
Cortile Di Maria